Essere mamma non mi è mai sembrato scontato.
Non ero tra quelle che da bambina giocavano a “fare la mamma” con le bambole, né tra le donne che si immaginano con un pancione sorridente e un neonato in braccio.
Anzi. Per lungo tempo, non riuscivo proprio a vedermi mamma. Non perché non desiderassi esserlo, ma perché non avevo modelli a cui ispirarmi. Mamme come quella che sognavo di diventare io non ne conoscevo.

Il mio percorso verso la maternità è iniziato così: con tanti “non voglio essere come”, ma pochi “vorrei essere così”. E quando è arrivato E., il mio primo figlio, ho iniziato a imparare a fare la mamma… facendo la mamma, sbagliando, cadendo, piangendo, rialzandomi. Ogni errore, ogni crisi, ogni sfuriata, ogni abbraccio, ogni notte insonne è stato un pezzo di strada. Una strada che ho percorso con il mio cervello ADHD, che solo dopo ho imparato a conoscere davvero.
Il crollo che non avevo previsto
I primi mesi sono stati duri, ma è stato attorno ai sei mesi di E. che tutto è esploso.
Lui aveva smesso di dormire, io ero rientrata al lavoro, cercavo di fare tutto com’era “prima”… solo che quel prima non esisteva più.
Non potevo più riposare quando ne avevo bisogno. Ogni mia minima strategia di sopravvivenza, costruita negli anni per gestire il mio funzionamento, si è sgretolata. E io con lei.
Mi arrabbiavo per ogni cosa. Mi sentivo sempre fuori controllo, sopraffatta, persa. Le cose mi sfuggivano mille volte più di prima. Non riuscivo a ricordare niente, anche con cinque calendari e dieci app promemoria.
Il carico mentale era ingestibile e io… io credevo di essere depressa. Di avere qualcosa di grave da dover curare.
Non immaginavo che stavo semplicemente vivendo i primi errori da neomamma con ADHD. E che non ero sbagliata, ma solo impreparata. Non perché incapace, ma perché mai vista, mai capita, mai ascoltata.
Quando tutto grida e niente consola
I pianti di E. erano la cosa più difficile. Non solo sensorialmente – quel suono forte, acuto, continuo – ma emotivamente. Ogni pianto sembrava dirmi: “Stai sbagliando.”
Sentivo il suo disagio come se fosse mio, e ogni singhiozzo era un’accusa: “Non sei una buona mamma.”
Non riuscivo a chiedere aiuto senza sentirmi un fallimento.
La mia RSD (Rejection Sensitivity Dysphoria) era fuori controllo. Bastava un commento, uno sguardo, e mi chiudevo a riccio o reagivo con rabbia, difensiva.
Mi sentivo un’antenna rotta che capta tutto, ma filtra niente.
L’errore più grande? Non conoscere me stessa
Se guardo indietro, il mio errore più grande non è stato gridare, non è stato sbagliare, non è stato piangere davanti a mio figlio.
Il mio vero errore è stato non avere ancora ricevuto la diagnosi ADHD. Non conoscere abbastanza il mio funzionamento. Non sapere che quei crolli, quelle reazioni, quelle difficoltà non erano solo “debolezze”, ma sintomi. Reali, comuni, spiegabili.
Se l’avessi saputo prima, avrei potuto chiedere aiuto con meno vergogna.
Avrei potuto prevenire certi sovraccarichi.
Smettere di confrontarmi con le altre mamme.
Smettere di chiedermi ogni giorno: “Ma perché per me è così difficile?”
Conoscere me stessa mi avrebbe aiutata a riconoscere che molti degli errori da neomamma con ADHD che stavo facendo non erano colpa mia.
Erano solo segnali inascoltati.
Le cose che ho imparato, una alla volta
Oggi, con due bimbi – E. e L. – e una consapevolezza diversa, so che imparare a essere mamma è un processo.
E per noi ADHD può essere anche un reimparare a stare con noi stesse.
Ho imparato che se non ho dormito, sono più esposta al sovraccarico (e va previsto).
Che se un pianto mi manda in tilt, posso mettere le cuffie, posso cantare, posso respirare.
Che il carico sensoriale e quello emotivo si sommano.

Ho imparato che non sono una mamma cattiva se ho bisogno di cinque minuti da sola.
Che anche se sbaglio, posso chiedere scusa e ripartire da lì.
Che i miei figli non hanno bisogno di una mamma perfetta, ma di una mamma reale, che prova, riprova, che li ama abbastanza da mettersi in discussione.
E che proprio da quei primi errori da neomamma con ADHD, ora nasce ogni giorno una versione più vera e più gentile di me.
Cosa direi alla me neomamma?
Se potessi tornare indietro e abbracciare la me stessa dei primi mesi, quella stanca, impaurita, sfibrata e piena d’amore, le direi:
“Non sei sbagliata.
Stai solo imparando a essere mamma con un cervello che ti hanno sempre fatto sentire fuori posto.
Ora però puoi scegliere di metterlo al tuo posto, in un ruolo importante, bellissimo e difficilissimo: quello di mamma.
E lo farai a modo tuo.
Unico, incasinato, profondo, vero.”
Se ti sei riconosciuta almeno in una riga di questo articolo, ti abbraccio forte.
Ti va di raccontarmi il tuo primo errore da mamma ADHD (e cosa hai imparato)? Scrivilo nei commenti o scrivimi in privato.
Parlarne è il primo passo per non sentirsi più sole.
✨ Moira
📌 Fonti e risorse utili
- [L’RSD nell’ADHD comorbidità e sintomi]
- [ADHD e sovrastimolazione]
- [Mamma ADHD e la RSD. Come Affrontare la Montagna Russa delle Emozioni (E Sopravvivere!)]