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Ci sono giorni in cui non ce la faccio.
Davvero.

Essere una mamma ADHD nella maternità quotidiana è come affrontare una montagna russa emotiva ogni giorno. A volte il cuore scoppia d’amore. Altre, crolla sotto al peso del carico mentale, delle aspettative, delle interruzioni continue.
Ma anche quando sembra troppo… anche quando non riesco a fare tutto… va bene così.

Maternità e ADHD: quando la fatica è invisibile

Ricordo ancora la stanchezza cronica del primo post parto. Una stanchezza che non si può spiegare: costante, logorante, silenziosa. Una stanchezza che non si limita al corpo, ma arriva al cervello, all’anima.

Nel post parto di E., ho vissuto una vera trasformazione interiore. Quello che era cambiato non era solo il mio corpo, ma tutto il mio modo di sentire il mondo. Ogni cosa era nuova, sconosciuta, e io cercavo disperatamente un manuale d’istruzioni che nessuno aveva scritto.

Nel primo post parto, con E., sentivo di essere emotivamente legata ai suoi umori. Se lui piangeva, piangevo anche io. Non era tanto un pianto di frustrazione, quanto un dolore profondo, viscerale. Lo sentivo piangere e qualcosa dentro di me si spezzava. Non perché mi sentissi inadeguata, ma perché non volevo che lui stesse male. Era il mio cucciolo, la mia creatura indifesa che affrontava per la prima volta il mondo esterno. E io lo avvertivo come una pugnalata nel petto.

Con L., qualcosa era cambiato. Avevo imparato a calmare il mio sistema nervoso. Cantavo di più, ridevo di più, e i suoi pianti, pur scuotendomi ancora nel profondo, mi trovavano più pronta. Ma ogni volta che uno dei due piange, sento una reazione fisica fortissima: il petto si stringe, mi sale un impulso incontrollabile. Più di una volta ho dovuto allontanarmi, urlare, scaricare il sovraccarico in qualche modo. E ho imparato che prendermi uno spazio per me non è egoismo. È sopravvivenza.

Mi ripeto spesso: “Come in aereo!”. Come quando ti dicono di indossare prima la maschera dell’ossigeno su di te e poi sul tuo bambino. Ecco: prima respiro io, poi posso aiutare loro.

Mamma ADHD: quando ogni dettaglio è troppo

La maternità neurodivergente è intensa.
È piena di contrasti, di emozioni potenti, di sfide continue.
Essere una mamma ADHD significa vivere ogni dettaglio con una sensibilità amplificata: un pianto, una richiesta in più, un rumore improvviso… possono diventare il detonatore di un meltdown.

La mancanza di sonno ha amplificato tutto. Smemoratezza, disorganizzazione, ipersensibilità sensoriale, RSD (la disforia da rifiuto), squilibrio emotivo. Tutto peggiorava. È stato intorno ai due anni di E. che ho iniziato ad usare le cuffie: prima le AirPods con la cancellazione del rumore, poi le Loops, più comode da indossare tutto il giorno.

Correvo da una stanza all’altra, cercando di fare cose che un tempo sembravano semplici. Tenere in ordine il tavolo, sistemare la lavanderia. E invece… ora mi sembrava impossibile. E quello che già era disordinato — tipo l’armadio — era diventato ingestibile.

Il caos è diventato la norma. Ma non un caos confuso: un caos organizzato, dove ogni cosa ha un suo posto. E se qualcosa non è dove dovrebbe essere, vado in tilt.

Paralisi esecutiva e interruzioni: la combo esplosiva

Ho completamente abbandonato l’illusione di avere una casa perfetta. Certo, ci sono giorni in cui mi prende la frenesia e riordino armadi o mobili, ma in perfetto stile ADHD… finisco spesso per lasciare il lavoro a metà, creando più disordine di prima.

Forse in assoluto la cosa che più mi ha stressata della neo-maternità era non poter cominciare e finire una cosa. Già per chi ha l’ADHD è difficile iniziare qualcosa — la paralisi esecutiva è un nemico silenzioso — ma essere interrotta mentre cerchi di fare qualcosa è devastante. S-n-e-r-v-a-n-t-e!

Per il mio cervello è come lanciare una bomba: frustrazione, rabbia, vergogna, senso di inadeguatezza. Tutto si mescola e mi schiaccia.

In questi ultimi anni ho provato tutto: liste, tabelle, routine. Alla fine ho capito che mi basta sapere cosa c’è da fare. Prima o poi, a modo mio, lo farò. E deve andare bene così.

Sogno un giorno di poter avere qualcuno che mi aiuti quotidianamente con le faccende domestiche. Ma per ora no, non posso. E allora facciamo quel che si può, insieme. Come possiamo. Con i mezzi che abbiamo. E va bene così.

Maternità e salute mentale: non sottovalutare i segnali

La maternità e salute mentale sono profondamente connesse.
Ci sono stati momenti durissimi. Frustrazione, stanchezza, mancanza di spazi personali — sì, anche ora ho i bimbi addosso dalle sei del mattino.

Ed è in quei momenti che alcune frasi sentite dai “genitori datati” hanno iniziato a fare senso. In particolare quella sul concetto di libertà.

Diventare genitori non toglie la libertà. La trasforma.
Non sei meno libera di viaggiare, di uscire, di vivere. Sei meno libera di come fai le cose. Prima ti gestivi secondo i tuoi ritmi. Ora c’è sempre qualcun altro che viene prima.

Uscire di casa? Una volta era semplice. Ora è: borsa, chiavi, portafoglio, acqua, pannolini, cambio…
È una lista mentale infinita. E tu sei ADHD. Praticamente una condanna.

Il carico mentale è stato (e resta) uno degli aspetti più duri della maternità. Ricordare tutto per tutti, sempre. E ovviamente… dimenticare qualcosa. Sempre.

Ho un marito presente. Ma — e lui lo sa — è un uomo cresciuto in una società che gli ha insegnato che certe cose “le fa la donna”.

Genitorialità e coppia: serve collaborazione

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Essere genitori implica anche un grande lavoro di coppia.
Capire che tipo di partner vogliamo essere. Come vogliamo crescere i nostri figli. Come vogliamo comunicare.

Con L. ho vissuto un momento di crisi profonda. Avevo paura delle mie reazioni. Delle mie esplosioni. Temevo di perdere il controllo. Di dissociarmi. E l’unica cosa che mi ha tenuta a galla è stata la consapevolezza.

Sapere che la depressione post partum esiste, e che non arriva solo subito dopo il parto, ma anche più avanti, quando il carico diventa insostenibile.

Due figli: uno di tre anni e uno appena nato. Il piatto era colmo.
Ma ero pronta. Pronta ad accettare che poteva succedere anche a me.

E no, non significa essere sbagliate.
Chiedere aiuto non ci rende meno.

Io ho la fortuna di avere un terapeuta eccezionale. Da anni mi affianca, mi ascolta, mi sostiene. Anche quando ho pensato di rivolgermi a uno psichiatra. Mi ha accompagnata.

La maternità neurodivergente è intensa, sì. Ma non si deve affrontare da sole.

Nascondere la fatica è pericoloso. Lo dico col cuore in mano: chiedetevi ora — proprio ora, mentre state bene — cosa fareste se un giorno non lo foste più. Prevenzione è anche questo.

Accettare il cambiamento e lasciare andare

Il mio corpo è cambiato. Tante volte. Dopo E., dopo L. Durante la depressione. I chili in più. I vestiti che non entrano più. Il desiderio di fare attività fisica, ma l’impossibilità di trovare spazio per me.

Oggi accetto che la mia attività fisica è… correre dietro a loro. E in fondo, è anche divertente 😜

Anche la comunicazione con M. ha attraversato alti e bassi. Abbiamo dovuto reimparare a parlarci. La mia RSD è più forte. O forse non riesco più a mascherarla.

Con L., almeno, sapevo cosa aspettarmi. Sapevo cosa mi faceva stare bene. Sapevo gestire meglio il parto. Le notti. Le aspettative. Ho lasciato andare molto di più.

Ho capito che una casa vissuta vale più di una casa perfetta. Anche se a volte impazzisco a non trovare le cose. Anche se il disordine mi manda in crisi.

Ma poi li guardo. Due sorrisi che corrono per casa.
E mi dico che sì, va bene così.


🌱 Se anche tu sei una mamma ADHD

Essere mamma ADHD non è semplice. Ma non sei sola.
Se anche tu vivi una maternità neurodivergente, se ti senti spesso sopraffatta, sappi che c’è uno spazio qui per te.

👉 Raccontami nei commenti come vivi i tuoi giorni difficili.
👉 Oppure condividi questo articolo con un’amica che ha bisogno di sentirsi capita.

📌 Salva questo articolo se ti ha fatto sentire meno sola.
Insieme, possiamo alleggerire un po’ questo carico mentale 💛

By Moira_DivMM

Sono Moira e su DivergenteMenteMamma voglio aiutare altre Mamme (e Genitori) con funzionamento ADHD a navigare più sereni nel nuovo ruolo di “Adulti Responsabili con Figli”

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